Cerchiamo di capite come poter essere pagati e come.
Lavoro autonomo, quando è necessario aprire partita iva
Il lavoratore autonomo è colui che lavora in proprio, senza subordinazioni, senza organizzazione del lavoro e coordinamento da parte del committente né inserimento nella sua azienda.
Una delle distinzioni principali tra lavoratori autonomi, utile per stabilire chi deve aprire partita iva e chi no, è quella tra:
• Lavoratori autonomi occasionali, vale a dire con prestazioni saltuarie e spesso in ambiti differenti (ad esempio una consulenza oppure delle ripetizioni a privati)
• Lavoratori autonomi abituali, che svolgono un lavoro organizzato nel tempo e continuo, quasi sempre in via esclusiva
In questo ultimo caso, il lavoro diventa una vera e propria professione e il lavoratore è tenuto ad aprire la partita IVA e con questa è sempre meglio aprire un conto dedicato alla propria attività, un conto corrente libero professionista associato alla propria partita iva o nel caso si optasse per aprire un srl, un conto corrente aziendale.
Nelle prestazioni di lavoro autonomo occasionale invece, può accadere che il lavoratore presti il suo servizio una volta all’anno ad esempio. In tal caso non è tenuto ad aprire la partita iva. Se però il compenso per quel lavoro supera i 5mila euro, allora deve aprire una posizione previdenziale presso la Gestione Separata dell’Inps e versare i contributi.
Come si evince dunque, l’apertura della partita Iva non è legata al raggiungimento del 5 mila euro annui, bensì al carattere continuativo dell’attività lavorativa che si svolge (quindi si deve aprire una posizione anche se si guadagna meno di questa cifra).
Anche il lavoro autonomo occasionale paga le tasse
Alla luce di queste informazioni, è evidente che non è possibile lavorare in modo continuativo senza inquadrarsi in una posizione fiscale. Ad ogni modo, il lavoro autonomo può rimanere saltuario e occasionale anche se si lavora per più committenti, meglio però se varia il tipo di prestazione fornita.
Come già accennato però, il fatto di non dover aprire una partita iva e di svolgere lavoro occasionale, non significa non dover pagare le tasse. Anche se la prestazione è occasionale, è necessario sempre emettere una ricevuta (aggiungendo anche una marca da bollo di 2 €, se l’importo da riscuotere supera i 77,47 €).
A questa si addebiterà in automatico il 20% dell’importo, trattenuto dal committente (ritenuta d’acconto), se figura come sostituto d’imposta (come può risultare un’agenzia ad esempio). Quest’ultima una volta all’anno dovrà allora fornire al lavoratore il modello di certificazione unica, col quale si dimostra che quel 20% è stato versato all’Irpef. Così non è invece nel caso si svolga un lavoro per un privato: in tal caso è necessario comunque rilasciare la ricevuta senza ritenuta d’acconto. Le eventuali tasse saranno calcolate in fase di dichiarazione dei redditi).
Nel momento in cui i ricavi superano i 5 mila euro annui, pur non avendo partita iva, è necessario iscriversi alla Gestione Separata Inps per il versamento dei contributi previdenziali.
Infine va sottolineato che, il fatto di avere un ufficio predisposto per il lavoro, un sito/blog, un e-commerce o di pubblicizzare i propri servizi sui social è indicativo del fatto che si tratti di un’attività continuativa e organizzata, che quindi necessita di partita iva per essere svolta.
I pagamenti delle attività svolte potranno essere pagati sia in contanti, se inferiori ai 3.000 euro o tramite pagamenti elettronici tracciati.